
Duralfa speciale anniversario Formula 1
Il più grande spettacolo del mondo
“Duralfa è il nome di una lega brevettata dall’Alfa Romeo e utilizzata prima sui motori aeronautici, poi anche sui motori automobilistici, uno pseudonimo che da solo è un indicatore dello spirito, dell’anima e del cuore Alfa Romeo. Scoprite un viaggio attorno alle vetture del nostro museo attraverso racconti che nascono da un punto di vista mai banale, arricchiti da immagini che mostrano forme sempre affascinanti. Grazie Duralfa!” Elisabetta Cozzi

Modellino in metallo della Collezione Cozzi.Lab. Fotografia by Duralfa

Modellino in metallo della Collezione Cozzi.Lab. Fotografia by Duralfa
Duralfa
Lo scrittore “segreto” con l’Alfa nel cuore, nell’anima e negli occhi, racconterà un’interpretazione particolare delle vetture Alfa Romeo del museo, perché ogni auto ha dietro di sé un mondo da scoprire e raccontare.
13 maggio 1950: nasce la Formula 1
In occasione dei 75 anni dalla nascita della Formula 1, Duralfa regala una storia speciale per ricordare l’epico esordio di Alfa Romeo in Formula 1
Il 13 maggio del 1950, un tranquillo e soleggiato sabato di primavera, in Inghilterra, nella contea di Northamptonshire, nell’area di un vecchio aeroporto della Royal Air Force nella località di Silverstone, il mondo dell’automobilismo entra nell’era moderna: nasce la Formula 1.
Quell’aeroporto, dismesso dopo le intense attività della RAF durante la guerra, viene trasformato in circuito per competizioni motoristiche che diventerà autodromo permanente e sede – in realtà in alternanza con altre piste – del prestigioso “British Grand Prix”. Per inciso: in questa prima edizione del 1950 la gara è titolata anche come “Gran Premio d’Europa”.





Modellino in metallo della Collezione Cozzi.Lab. Fotografia by Duralfa
Il più grande spettacolo del mondo
Ventuno monoposto schierate sulla griglia di partenza del primo gran premio della neonata “F.1”, davanti a più di 120 mila spettatori e – condizione rimasta unica ancora oggi – di fronte al sovrano allora regnante (in questo caso Re Giorgio VI) con parte della Royal Family, ospitati sotto un esclusivo gazebo rialzato a bordo pista.
Le condizioni di sicurezza sono molto basiche: balle di paglia, pubblico ragionevolmente distante, carreggiata larga, per i conduttori “casco non obbligatorio”… ovviamente gli standard sono imparagonabili agli attuali. Il circuito misura 4.648 metri e sono previsti 70 giri per un totale di 325,360 chilometri. Le vetture devono essere monoposto
a ruote scoperte, con un motore da 1,5 litri se sovralimentato, oppure da 4,5 se ad alimentazione atmosferica.
La regolamentazione tecnica è molto semplice: siamo nei primi anni di ripresa delle attività sportive automobilistiche dopo sei anni di una guerra che ha dilaniato l’Europa. Le case costruttrici “galleggiano” in un mercato ancora in situazione di emergenza, di denaro ne gira poco ma il talento, il know-how e lo spirito delle competizioni sono rimasti intatti.
Le tappe delle gare valevoli per il neonato “Campionato del Mondo” di F.1 sono sette: Silverstone (UK), Monte Carlo (MC), Indianapolis (USA), Berna (CH), Spa-Francorchamps (B), Reims (F) e Monza (I). Nessuno degli europei va in America a correre a “Indy” e nessuno degli americani partecipa a gare europee, così la questione – nonostante il carattere “mondiale” – resta un affare che si risolve nel “vecchio continente”. Regolamenti, caratteristiche tecniche delle auto e costi logistici “importanti” inducono costruttori e team privati a rimanere sulle rispettive sponde dell’Atlantico.

Modellino in metallo, collezione Cozzi.Lab. Foto by Duralfa

Modellino in metallo, collezione Cozzi.Lab. Foto by Duralfa
Le rosse Alfette di Farina, Fagioli, Fangio e Parnell
Tornando sotto il cielo soleggiato di Silverstone, sul “farm straight”, davanti alle vetture schierate in attesa della partenza, non si può fare a meno di notare, nelle prime quattro posizioni, una visibile macchia di colore, quattro silhouette snelle e slanciate, di un rosso intenso, infuocato, pronte per “volare” tra le curve e i rettilinei davanti al pubblico britannico. E proprio queste quattro monoposto rosso-passione, che saranno le protagoniste indiscusse della stagione agonistica, hanno una storia e un ruolo molto particolare, che va al di là del risultato sportivo, oltre i pronostici e ben oltre i prati della campagna inglese.
Quelle quattro auto da corsa arrivano da 1350 km di distanza, dall’Italia, da Milano: si tratta delle leggendarie – erano leggenda ancora prima di confermarlo a Silverstone – Alfa Romeo Gran Premio Tipo 158, le celebri “Alfette” di F.1.
Quando le rosse Alfette di “Nino” Farina (#2), Luigi Fagioli (#3), Juan Manuel Fangio (#1) e “Reg” Parnell (#4) arrivano al punto di corda della prima curva, la “Woodcote”, le monoposto “dell’invencible armada” del Portello cominceranno una stagione indimenticabile, conquistando tutti i grand prix, e che vedrà l’incoronazione di Farina al Gran Premio d’Italia a Monza come Campione del Mondo e la consacrazione dell’Alfa Romeo come regina delle competizioni, anche nell’immediato dopoguerra.
Per dovere di cronaca, a Silverstone vince Farina, conquistando il primo “hat trick” della storia della F.1: pole position (1’50”08), giro più veloce (1’50”06, 151,307 km/h di media) e vittoria (in 2h 13’23”06 alla media di 146,340 km/h). A Fagioli e Parnell gli altri gradini del podio, Fangio si ritira. Durante la cerimonia di premiazione i piloti della squadra Alfa hanno il privilegio di stringere la mano a Re Giorgio VI.






Modellino in metallo della Collezione Cozzi.Lab. Fotografia by Duralfa
Due notizie curiose
Due notizie curiose: 1. Reginald “Reg” Parnell, pilota inglese ingaggiato per l’occasione, arriva al traguardo con il musetto dell’Alfetta numero 4 ammaccato per aver investito una lepre; 2. da quel giorno la stampa, il pubblico e gli appassionati affibbiano il soprannome “le 3 F” ai moschettieri del Biscione, cioè Farina-Fagioli-Fangio.




Modellino in metallo della Collezione Cozzi.Lab. Fotografia by Duralfa
L’Alfetta 158
L’Alfetta 158 (poi evoluta in “159”) è una vettura da corsa progettata nella seconda metà degli anni Trenta, esordisce nelle competizioni a Livorno nel 1938. E’ una monoposto progettata per gareggiare nella categoria delle “vetturette”, con un 8 cilindri in linea da 1,5 litri sovralimentato, in un periodo in cui la “Formula 1” non esiste e nella classe regina delle vetture “grand prix” i costruttori tedeschi dominano la scena. Gli orizzonti di sviluppo delle corse sono pesantemente condizionati dagli avvenimenti internazionali che da lì a poco precipiteranno, ed è anche per questo motivo che la “flottilla” delle 158 viene fatta sparire dai tentacoli della Wermacht, e riappare in pubblico solo alla fine della guerra.

Modellino in metallo, collezione Cozzi.Lab. Foto by Duralfa
Gobbato, Colombo … e Ferrari
Attorno a questa vettura, che occupa una posizione di grande rilievo nella storia della Casa Milanese, gravitano tutta una serie di uomini di altrettanto rilievo e prestigio: Ugo Gobbato nel ruolo di Direttore Generale della “Società Anonima Alfa Romeo Milano-Napoli”, Gioachino Colombo per la progettazione, Enzo Ferrari come “Scuderia
Ferrari” prima e “Alfa Corse” dopo, Pasquale Gallo come “commissario straordinario” per la gestione dell’Alfa Romeo dopo il 1945, Orazio Satta Puliga per lo sviluppo tecnico nel dopoguerra, Giuseppe “Nino” Farina come primo Campione del Mondo, Juan Manuel Fangio che ha vinto il suo primo dei cinque Titoli Mondiali con l’Alfetta, Achille Varzi che è ritornato alle corse nel 1946 – e purtroppo perde la vita – sulla 158, Consalvo Sanesi, collaudatore ufficiale della Casa, che sviluppa la monoposto, i meccanici e i tecnici del “dream team” del Reparto.
Esperienze dell’Alfa che hanno spremuto dall’Alfetta fino all’ultimo cavallo utile a riconfermare nel 1951 il Mondiale dell’anno precedente. Da non dimenticare le migliaia di dipendenti della Casa del Portello per i quali l’Alfetta è l’orgoglio e il sacrificio del loro lavoro.




Modellino in metallo della Collezione Cozzi.Lab. Fotografia by Duralfa
Alfetta apre l’epoca della Formula 1 moderna
L’Alfetta ha fatto da trait d’union tra il periodo anteguerra e il dopoguerra dell’Alfa Romeo: dai motori d’aviazione e le straordinarie vittorie nelle corse degli anni ’30 alla produzione di serie come obiettivo strategico degli anni ’50. Al termine della stagione 1951 la 159 raggiunge il culmine dello sviluppo: siamo a 450 cavalli di potenza (e due Titoli Mondiali) per una monoposto che ha esordito 13 anni prima in un contesto molto diverso, in un altro mondo.
L’ing. Satta Puliga comunica ufficialmente alla Direzione che la vettura non è più competitiva e servirebbero risorse finanziarie ingenti per la progettazione e lo sviluppo di una nuova F.1. E non è il momento di avanzare questo tipo di richieste. La “Finmeccanica”, finanziaria dell’I.R.I. a cui fa capo anche l’Alfa Romeo, decide così, in accordo con il management del Portello, di concentrare le risorse aziendali su quella che sarà la “Giulietta”, la vettura che permetterà un vero rilancio produttivo dell’Azienda.
Viene di conseguenza annunciato, non senza scalpore (“titoloni” sui quotidiani, discussioni tra le fazioni rosse di Milano e Modena…), il momentaneo ritiro ufficiale dalle
competizioni e il gruppo di progettisti dedicati alle corse si occuperà così della nuova vettura, con un reale travaso di tecnologia tra esperienze in motori avio e in competizioni di alto livello e produzione di serie. La Giulietta Sprint beneficerà di contenuti tecnici inediti per un’auto moderna, fuori dagli schemi.
Quindi l’Alfetta di F.1 chiude un’epoca e ne apre un’altra, quella della Formula 1 moderna: è la prima protagonista di quello che diventerà nel tempo uno tra i più grandi spettacoli del mondo.

Modellino in metallo, collezione Cozzi.Lab. Foto by Duralfavello.