Profumo di Alfa
Il record salato dell’Alfa 155
PASSIONE ALFA
Mario Fontana racconta le epiche gesta dell’Alfa 155 record di velocità a Bonneville… e sì, è nella nostra collezione
Ospite del paesaggio lunare
Nel 1992, il paesaggio lunare del lago salato di Bonneville accolse un’ospite insolita: un’Alfa Romeo 155 Q4. Nata per i cordoli più che per i deserti, la berlina del Biscione si trasformò in una macchina da record, pronta a sfidare i limiti della velocità assoluta nel tempio americano della velocità
Testo Matteo Carati
Foto F&V Editori
Se il mondo finisse…
Non è un luogo. È un’idea. L’idea che il mondo possa finire, o che possa ricominciare. Questo è il lago salato di Bonneville, negli Stati Uniti. Una distesa infinita, piatta e abbagliante, dove il sale è così compresso da sembrare marmo. Un orizzonte che si perde nel nulla in quello che una volta era un lago.
Per chilometri e chilometri non c’è altro che il silenzio, il bianco accecante e in lontananza il rombo dei motori. È qui che gli uomini, e le macchine, vengono per misurare i propri limiti. Un luogo dove l’assenza di riferimenti crea la tela perfetta per imprese che superano la logica.
E in quel paesaggio lunare, nell’autunno del 1992, l’Alfa Romeo 155 Q4 non era solo una macchina. Era la dimostrazione che un’auto da turismo, una normale berlina, poteva diventare qualcosa di più. Era la sfida al tempo, alla velocità, a tutto ciò che sembrava impossibile.
(In copertina l’Alfa 155 del Museo Fratelli Cozzi con paracadute)
Dettaglio finestrino con i dati del record
Dettaglio cofano con logo “Gente e motori”
Dettaglio poggiatesta con logo Sparco e Alfa Romeo e nome “Marin”
La sfida
È l’alba del 25 settembre 1992. Il vento scende dalle gole del Silver Island Range e disperde gli ultimi veli di nuvole. Il sole si riflette sull’immensa distesa bianca, abbaglia e confonde. Bonneville non perdona: qui il silenzio pesa quanto il sale e tra i missili su ruote arrivati da ogni angolo d’America, tra streamliner che sfrecciano a oltre 500 l’ora e bolidi nati in garage, spunta un’ospite inattesa: una berlina italiana, l’Alfa Romeo 155 Q4.
È arrivata dall’altra parte dell’oceano per tentare un record. E al volante, non un pilota professionista, ma Gianni Marin il direttore del mensile Gente Motori, pronto a farsi cronista per il suo giornale e protagonista insieme, che convinse Alfa Romeo a partecipare alla competizione per la categoria G/PS (dove G sta per due litri, P per produzione e S per sovralimentata, cioè in buona sostanza, automobili di normale produzione con elaborazione del motore).
Il Lago di Bonneville non è una pista: è un tempio. Ogni anno, in autunno, centinaia di uomini si danno appuntamento con mezzi di ogni genere, uniti da una sola ossessione: la velocità. La linea nera tracciata sul sale guida i concorrenti per otto chilometri. Si parte piano, il motore sale, il volante trema. L’auto scivola sulla crosta sottile del lago salato, mentre il vento soffia laterale come un nemico invisibile. Qui non si frena, non si corregge di scatto: bisogna restare dritti, con nervi saldi e cuore forte. In mezzo a questo teatro di follia e coraggio, la 155 Q4 è guardata con curiosità.
Qualcuno si inginocchia sul sale per sbirciare sotto la carrozzeria, altri chiedono di aprire il cofano. È una berlina di serie? Davvero italiana? Nessuno si aspetta che possa competere con i mostri americani.
Cofano aperto e motore dell’Alfa 155 in vista
La mutazione della berlina
La base è la 155 Q4, con il suo quattro cilindri due litri 16 valvole turbo da 190 cavalli e la trazione integrale. Ma per affrontare Bonneville i tecnici Alfa Corse ad Arese in concerto con quelli Abarth l’hanno preparata veramente bene con il tocco finale degli uomini dell’Ufficio Tecnico che il Gruppo Fiat aveva a Detroit. Avevano creato un mostro come il Dottor Jekyll e Mr. Hyde: dai 190 cavalli di serie ai 360, che le facevano raggiungere i 300 orari – precisamente i 297,333 – contro i 225 della versione di serie. Un bel salto e un bel impegno per l’intera struttura.
Con un coefficiente aerodinamico di 0,29 e la trazione integrale, rappresentava il punto d’incontro ideale tra efficienza e stabilità. «Era la piattaforma perfetta per scaricare a terra tutta la potenza che volevamo tirare fuori dal suo due litri turb0», raccontarono i tecnici dell’Abarth, che curarono la preparazione meccanica. La trazione sulle quattro ruote non era solo una garanzia di motricità, ma anche di sicurezza: alle velocità estreme che si sarebbero raggiunte sul sale, la prevedibilità del comportamento dell’auto era vitale.
Dettaglio fianco con loghi Gente e motori e Alfa Corse
Dettaglio centrale cofano con logo Biscione e Gente e motori
Logo Alfa Corse: un quadrifoglio dentro un triangolo bianco
Poche regole ma chiare
Prima di imbarcarsi su un aereo diretta verso lo Utah, la 155 affrontò una lunga fase di messa a punto sull’anello ad alta velocità di Nardò. Solo dopo ore di test e regolazioni, la vettura fu pronta per la sfida americana. A Bonneville, le regole sono chiare e inflessibili. La 155 venne iscritta nella classe G/PS e il regolamento vietava qualsiasi intervento aerodinamico non previsto dal listino ufficiale, ma l’Alfa poteva contare su due elementi preziosi: il piccolo labbro anteriore e l’alettone posteriore, entrambi regolarmente disponibili come optional di serie.
Più libera invece la mano dei tecnici sull’assetto. Le sospensioni furono abbassate di 50 millimetri e irrigidite, ottenendo un incremento dell’efficienza aerodinamica stimato in 0,03 punti di Cx. Ma il vero traguardo fu l’eliminazione totale della portanza: la 155 Q4 divenne una macchina incollata al suolo, stabile e precisa sui cristalli di sale anche oltre i 250 km/h.
Il cuore dell’impresa, naturalmente, batteva sotto il cofano. Il quattro cilindri bialbero di 1995 cc, già collaudato sulla Lancia Delta Integrale, venne profondamente rivisto dall’Abarth. Il piccolo turbo Garrett T25 lasciò il posto a un possente TB 3-85, capace di spingere la pressione di sovralimentazione fino a 1,2 bar. L’intercooler fu sostituito con uno più grande, derivato dalle Delta Evoluzione da rally, e dotato di un ingegnoso sistema di spruzzatori d’acqua per migliorare lo scambio termico. Anche la parte meccanica interna ricevette cure da corsa: pistoni forgiati, bielle lucidate e un albero motore in acciaio con volano alleggerito.
Alfa 155 vista da dietro con aggancio paracadute
Vista interni con sedeli da competizione e cruscotto
Le camme e molti altri dettagli arrivavano direttamente dal reparto corse. Il rapporto di compressione scese a 7,75:1, consentendo di gestire meglio la maggiore quantità d’aria introdotta nei cilindri. Il risultato? Una potenza di circa 360 cavalli, costante tra i 6000 e i 6500 giri. Numeri che richiesero anche una nuova quinta marcia, più lunga di quella originale: la coppia conica proveniva dal cambio della 164 TD, perfetta per spingere la berlina verso i 300 l’ora.
L’auto conservava ruote e freni di serie, ma con dettagli curati nei minimi particolari: i bulloni lasciarono spazio a prigionieri con dadi di sicurezza, e i cerchi furono coperti dai tipici dischi in alluminio tornito per ridurre le turbolenze. Gli pneumatici Michelin 205/50 ZR 15 furono rasati per diminuire la resistenza al rotolamento, una soluzione estrema ma efficace.
Così, in una distesa di sale bianco e silenzio, l’Alfa Romeo 155 Q4 affrontò il vento e il limite. Conquistò un record di categoria, dimostrando che anche una berlina italiana di serie poteva inseguire la leggenda di Bonneville e ora fa bella mostra di sé al Museo Fratelli Cozzi.
Dettaglio sedili da competizione
Dettaglio volante
Dettaglio comandi elettronici
Dicembre, 2025
Fotografie Archivio F&V Editori


