
Osso di Seppia: la libertà su quattro ruote
PROFUMO D’ALFA
Quando la Bellezza va alla scoperta del territorio si sente subito “Profumo di Alfa”
Mario Fontana ha raccontato la gita ai Mulini della nostra Osso di Seppia
La Spider 1600 nasce in un’epoca di rivoluzioni, con motore da brividi, un assetto da vera sportiva e una linea senza tempo: la Spider 1600 è il sogno a cielo aperto di ogni appassionato di Alfa Romeo
Da “Profumo di Alfa” n. 21: testo Matteo Carati, Foto Archivio F&V Editori
1966: “E tu chi saresti? La rivoluzione”
Nel 1966, l’Italia era pronta a cambiare marcia. E no, non parliamo solo di automobili. In quell’anno, due rivoluzioni facevano il loro ingresso sulla scena: una su quattro ruote, l’altra su due gambe. Da un lato, la Spider 1600 “Osso di Seppia”, sinuosa, elegante e sfrontata, pronta a sedurre chiunque osasse guardarla. Dall’altro, la minigonna, un affronto alle convenzioni, una dichiarazione di indipendenza cucita su misura. Il problema? Entrambe volevano essere la regina della strada.
Al volante della Spider, un giovane con un accenno di capelli lunghi, come si usava allora, con lo sguardo sognante e la voglia di divorare la strada. Accanto a lui, una ragazza con una morigerata minigonna nuova di zecca e un sorriso pronto a sfidare il mondo. La radio gracchiava le note di un pezzo beat mentre il vento sollevava leggermente l’orlo della gonna, facendola ridere.
«E tu chi saresti?» domandò la Spider, mentre il suo cofano rifletteva la luce del tramonto con una vanità da diva.
«La rivoluzione – rispose la minigonna, sventolando con audacia – da oggi le gambe si scoprono e il mondo non sarà più lo stesso».



Giulia SS. Dettagli interni e volante
Spider fa girare le teste e battere i cuori
Il giovane accelerò leggermente, sentendo il motore rispondere con vigore. «E pensi che quattro pezzi di stoffa possano cambiare il mondo? Guarda me: linee perfette, motore ruggente, passione pura. Io non sfilo, io corro!».
«Forse – risponde di getto quel morbido pezzo di stoffa- ma io cambio la società. Le donne non vogliono più stare sedute a guardare. Vogliono camminare, ballare, conquistare. E con me lo fanno mostrando quello che prima nascondevano».
La Spider accese i suoi fari, come se volesse fissarla meglio. «Interessante. Ma sai una cosa? Forse ci somigliamo più di quanto pensi. Anche io sfido le regole. Anche io porto chi mi sceglie in un mondo nuovo».
Come a voler dimostrare il punto, la Spider scartò con eleganza a destra, poi a sinistra.
«Visto? – disse la Spider con l’eco del motore di sottofondo – io non mi limito a far girare le teste. Io faccio battere i cuori».
La minigonna ondeggiò nel vento, quasi divertita. «D’accordo, devo ammettere che sai come farti notare. Ma ricordati: senza di me, nessuno avrebbe mai osato sedersi su questi sedili con le gambe scoperte».
E così, mentre il 1966 avanzava, la strada si riempiva di minigonne e di Spider, entrambe pronte a far voltare le teste e battere i cuori. E se qualcuno avesse chiesto chi avesse davvero cambiato la storia, beh… probabilmente la risposta sarebbe stata: “Entrambe”.
Giulia SS del Museo Fratelli Cozzi: shooting fotografico realizzato presso il giardino di Villa Jucker, sede della Famiglia Legnanese
Facile innamorarsi
Anche Pietro Cozzi un anno dopo, nel 1967, rimase colpito dalla Spider e probabilmente in uguale misura anche dalla minigonna. In fondo era un trentenne, e a quell’età si può soprassedere sulla mancanza di bagagliaio e su qualche spiffero in più. Senza contare che, lavorando nella concessionaria, qualche trattamento di favore l’avrà pure avuto. Così, nel marzo del 1967, nel garage di casa sua fece il suo ingresso una fiammante Spider 1600 bianca, pronta a scorrazzarlo per tutta la bella stagione. E poi, come non possedere l’auto che dodici mesi prima era sbarcata anche in America e fatta provare a un tester come Steve McQueen?
E che, proprio nel 1967, fu la protagonista “meccanica” del film The Graduate – pellicola che in Italia, superate le forche caudine della censura, arrivò solo nel 1968 con il titolo Il Laureato – consacrandosi definitivamente come vettura giovane e controcorrente, insomma, al passo con i tempi. Talmente al passo con i tempi che anche molti appassionati, un po’ conservatori, accolsero la linea creata da Battista “Pinin” Farina, Franco Martinengo e Aldo Brovarone con qualche resistenza.
In fondo erano abituati alle forme più convenzionali della Giulia Spider – che, di fatto, era una copia della vecchia Giulietta Spider ma con un motore aggiornato – e successivamente della GTC, che in pratica era una Giulia GT senza tetto. La Spider, invece, era tutta un’altra storia.



Giulia SS: i dettagli che fanno la differenza
L’Osso di seppia cambia mano
L’infatuazione di Pietro Cozzi per la Spider 1600 durò solo sei mesi perché, a fine agosto del 1967, e quindi con l’avvicinarsi dell’autunno pensò bene di venderla – in fondo nell’animo era sempre un commerciante di auto – per passare a un modello più consono a una famiglia in crescita. Capita.
Però dicono che il primo amore non si scorda mai, e anche in questo caso, mai detto fu così veritiero perché a un quasi cinquantenne Pietro Cozzi un bel giorno di marzo del 1984 si presentò l’occasione di riappropriarsi di un pezzettino della sua giovinezza: un cliente aveva dato in permuta una Spider 1600 bianca del 1967 e il capo officina verificando il libretto di circolazione scoprì che il primo proprietario era il suo titolare…
Il tempo di presentarsi nell’ufficio di Cozzi e dopo pochi minuti la trattativa era conclusa. Non so voi, ma quando si rientra in possesso di qualcosa che si è avuta anni prima è come ritrovare e riprovare quelle emozioni che il tempo aveva sbiadite. Per Cozzi fu lo stesso, stavolta, con un tono di voce più dolce, si limitò a dire al capo meccanico: “mettila lì”. Ora la Spider fa parte delle protagoniste del Museo Fratelli Cozzi, e spicca con la sua livrea bianca in mezzo alla sala, ma ogni volta che vede passare una minigonna, se la si osserva bene, sembra avere come un fremito: beata gioventù!


Giulia SS: bella da ogni punto di vista
Non per tutti
Presentata il 10 marzo 1966 al Salone di Ginevra, la Spider 1600 fece il suo debutto nelle concessionarie due mesi dopo, con un prezzo tutt’altro che popolare: 2.312.000 lire chiavi in mano, circa il 20 percento in più rispetto al modello che andava a sostituire.
Forse anche per questo la partenza non fu da sprint, e nei primi tre anni vennero immatricolati “solo” 6.325 esemplari, meno del previsto per i vertici di Arese. Ma la storia insegna che certe passioni crescono con il tempo: con le generazioni successive, la Spider avrebbe toccato quota 124mila unità prodotte nei suoi 28 anni di carriera.
Comunque i primi proprietari, una volta superata la sorpresa per le sue linee avveniristiche, ne furono entusiasti. Soprattutto negli Stati Uniti, dove la mitica “Duetto” sbarcò grazie alla determinazione dell’importatore Max Hoffmann, lo stesso che anni prima convinse il Portello a realizzare la Giulietta Spider per il mercato americano. D’altra parte, Hoffmann aveva fiuto per le icone: è stato lui a ispirare due leggende su quattro ruote come la Mercedes 300SL Gullwing e la Porsche 356 Speedster. Insomma, in molti credevano in lei, e la creatura di Battista “Pinin” Farina non tradì le aspettative. Purtroppo, il suo designer non poté assistere al successo: nell’aprile del 1966, appena un mese dopo la presentazione ufficiale, si spense in una clinica a Losanna.



Al volante
Già le prime prove su strada delle riviste specializzate dell’epoca confermarono la bontà del progetto. Grazie alla linea aerodinamica e al peso a secco di soli 940 chili, la velocità massima con la capote chiusa toccava i 185 km/h.
Il merito era anche del pianale accorciato della Giulia e della meccanica derivata dalla Giulia Sprint GT Veloce, che garantivano prestazioni di tutto rispetto. I quattro freni a disco, privi di servofreno, assicuravano decelerazioni efficaci, mentre l’assenza del servosterzo rendeva l’auto leggermente pesante nelle manovre da fermo, ma nulla di eccessivamente faticoso.
Il cuore pulsante della Spider 1600 era il celebre quattro cilindri in lega leggera da 1570 cc, alimentato da due carburatori doppio corpo Weber, capace di erogare 109 CV. Il cambio a cinque marce, preciso e ben sincronizzato, era un piacere da azionare, confermando la proverbiale manovrabilità delle Giulia. La tenuta di strada era da encomio, persino superiore a quella già eccellente della Sprint GT, grazie a un baricentro basso e a una distribuzione dei pesi equilibrata. L’aderenza all’asfalto risultava costante in ogni situazione, rendendo la guida sicura e appagante.


La leggenda di un’icona
Al debutto, la Spider 1600 fece discutere per la sua linea anticonvenzionale, ma bastò mettersi al volante per dissipare ogni dubbio. Agile, scattante e con quel sound inconfondibile che solo un bialbero Alfa Romeo sa regalare, divenne presto l’oggetto del desiderio di chi cercava un’auto sportiva con l’anima. Nel corso degli anni, ha conquistato il cuore di appassionati e collezionisti, mantenendo intatto il suo fascino ribelle. Oggi, più di mezzo secolo dopo, continua a essere sinonimo di libertà, emozione e bellezza senza tempo. Perché alcune auto non invecchiano mai: si limitano a diventare leggenda, guadagnandosi di diritto un posto nel Museo.


Quando la Spider era solo un’idea
Un ragno si riconosce dalle zampe: lunghe, sottili, pronte a scattare. E se il nome “Spider” è finito sulle automobili, un motivo c’è. Nell’Inghilterra dell’Ottocento così chiamavano certe carrozze leggere, con grandi ruote e una carrozzeria esile che sembrava sospesa nel vuoto, proprio come un aracnide in agguato. Poi, con il tempo, il termine ha attraversato la Manica e trovato casa in Italia, dove ha smesso di indicare un semplice concetto tecnico per diventare una promessa di libertà.
Perché una spider non è solo un’auto: è l’essenza della Dolce Vita, eppure, dietro il fascino senza tempo di queste vetture, c’è sempre una lunga storia di ricerca e stile.
Prendiamo la Spider 1600: la sua linea non nacque all’improvviso dalla matita di Pininfarina, ma fu il frutto di anni di studio e prototipi sperimentali. Già nel 1955, al Salone dell’Auto, si intravedevano le prime idee che avrebbero portato alla sua forma definitiva. Il progetto del 1961, basato sul telaio della Giulietta SS e presentato al Salone di Torino, è quello che più si avvicina alla futura Spider 1600, eccezion fatta per la carenatura dei fari e il lunotto posteriore.
Era solo questione di tempo prima che prendesse vita quella silhouette inconfondibile, destinata a lasciare un segno nella storia dell’automobile nei suoi 28 anni di produzione, che terminò la commercializzazione nel 1994 con la IV serie. Della capostipite delle Spider, la “Duetto”, ne abbiamo parlato nel n° 2 di Profumo di Alfa.
Testo Matteo Carati Foto Archivio F&V Editori
Aprile 2025