Donne e motori in tour 2025

Donne e motori

Rachele Grassini, Federica Sala e Carolina Sardelli

Novembre 2025

RITA PAPARELLA

Ingegnere nucleare, PhD in fisica delle particelle. Giornalista pubblicista e consulente tecnico in progetti industriali di innovazione e R&D

Se è la tua prima volta qui, benvenuta/benvenuto!  

“Donne e Motori? Gioie e basta” è il progetto fotografico del Museo Fratelli Cozzi che sfida i pregiudizi di genere, raccontando la forza di 40 donne attraverso gli scatti di Camilla Albertini. La terza edizione celebra la sorellanza, per superare gli stereotipi sulla solidarietà femminile. 

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Come ogni mese, vi accompagniamo alla scoperta delle donne protagoniste e dei luoghi che hanno ospitato e ospiteranno la mostra e il progetto. 

Carolina Sardelli: una voce credibile, riconoscibile e profondamente appassionata.

Giornalista, conduttrice. Collabora con Mediaset e con l’agenzia di social media journalism Rassy. Si occupa di UE e di hard news

La sua competenza è frutto di studio, disciplina e un impegno che non perde mai intensità, perché alimentato da una determinazione calma e lucidissima. Laurea magistrale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, master biennale in Giornalismo alla IULM, e una pratica professionale che l’ha portata prima a Repubblica TV e poi a Mediaset, dove oggi è redattrice, conduttrice e liner per TGcom24. Ma è soprattutto nel modo in cui descrive il proprio percorso che emerge la cifra più autentica: una passione innata per il giornalismo, coltivata con serietà e con quel tipo di entusiasmo che non si improvvisa.

Nelle sue esperienze tra televisione tradizionale e social media journalism, smonta con naturalezza lo stereotipo del giornalismo “snello” dei social: “Si cambia il media e si cambia il linguaggio ma non il modo di fare giornalismo… Il grande problema del mondo social è che chiunque può aprirsi una pagina e parlare”, ribadendo che metodo e verifica restano invariati. Nulla, nel suo approccio, ammette superficialità.

La sua è una professionalità costruita nel tempo, anche attraverso ruoli tecnici spesso invisibili allo spettatore. Da liner, racconta, “la predominanza deve averla la notizia di quel momento sulla scaletta”, perché nell’all news l’imparzialità passa anche dalla capacità di lasciare che sia l’attualità a scandire il ritmo. Un equilibrio che richiede freddezza, rapidità e un pensiero chiaro, qualità che Carolina ha trasformato in abitudine quotidiana.

Eppure, il suo lavoro non è fatto solo di rigore: c’è anche adrenalina, varietà, energia. “L’economia la studio e la gestisco, ma la cronaca nera mi mette più in difficoltà perché sono molto empatica”. È una dichiarazione che non indebolisce la figura della giornalista: al contrario, svela la profondità umana dietro la professionalità, la capacità di restare tecnicamente impeccabile senza rinunciare alla propria sensibilità.

La dimensione live, poi, accende un lato diverso della sua personalità. Ex ballerina, con un passato nel teatro, negli eventi come il Premio Bancarella ritrova quella scintilla: “Sono meno impostata… mi si riaccende quella scossa adrenalinica che in televisione si ha meno”. È una presenza scenica che non si limita all’estetica, pure richiesta dal mestiere, ma che affonda le radici in un talento espressivo naturale, che Carolina ha imparato a convogliare in modo professionale.

Essere donna in un ambiente complesso come quello dell’informazione non è stato sempre semplice. “All’inizio sei sempre una ragazzina”, racconta, ma aggiunge con orgoglio che il riconoscimento arriva quando mostri valore. Come per molte donne, in varie professioni, è fondamentale farsi continuamente valere con i fatti, con la preparazione, con la presenza che conta davvero, quella intellettuale.

Se ripensasse al suo cammino, dice che viaggerebbe di più, starebbe maggiormente sul campo. Ma la traiettoria costruita finora dimostra una cosa: Carolina ha trasformato ogni fase della sua vita professionale in un tassello di competenza e maturità, fino a diventare una voce credibile, riconoscibile e profondamente appassionata.

Carolina Sardelli al TedX, negli studi Mediaset e durante un evento 

Rachele Grassini: tra diritto societario e attivismo giovanile, un doppio binario per fare accadere il cambiamento

Presidente e fondatrice dell’associazione Politics Hub. Praticante avvocato presso Latham & Watkins

Parlando con lei emergono tre tratti distintivi: maturità, determinazione e capacità di lettura del contesto. C’è un momento in cui Rachele capisce che non vuole osservare il cambiamento: vuole esserne parte. Fondatrice e Presidente dell’associazione Politics Hub (Legnano), e praticante avvocato nel dipartimento Corporate/M&A dello studio internazionale Latham & Watkins a Milano, muove due pedine in campi diversi, ma con lo stesso obiettivo: incidere.

Nel 2023 viene eletta presidente del consiglio direttivo di Politics Hub. L’associazione che ha contribuito a fondare nel 2019 e che nasce “lontana da ogni logica partitica ed elettorale”. Qui non si tratta solo di parlare di politica o economia, ma di creare spazi in cui i giovani, “con il desiderio di approcciarsi criticamente alle sfide odierne”, possano intervenire attivamente. La scelta di dedicarsi a questo progetto, contemporaneamente agli studi legali, mostra un’attitudine: non aspettare che arrivino gli altri, ma costruire qualcosa in prima persona.

Parallelamente, Rachele è “trainee lawyer” presso Latham & Watkins. Un ambiente altamente tecnico, dove operazioni complesse e competenze specifiche non lasciano molto margine per distrazioni. Questo dualismo, da un lato il diritto societario, dall’altro il dibattito politico‐sociale, genera una tensione produttiva che la porta a non mette in due scatole separate “cittadinanza” e “professione”: le incrocia.

La sua cifra è la determinazione: non le basta dire “vorrei”, Rachele assume ruoli, presidenza, studio legale, e in ciascuno cerca di tirare fuori risultati. Nel mondo dell’associazionismo costruisce reticoli, dialoghi, organizza eventi di rilevanza nazionale (ad esempio con Politics Hub, in occasione delle scorse elezioni europee, l’unico dibattito all’americana che si è potuto tenere tra i leader dei partiti, Calenda, Renzi, Tajani, Crosetto, Giorgetti, presso l’Auditorium San Fedele di Milano).

Nel professionale, entra in un universo che richiede precisione, tempi, responsabilità. E questa doppia traiettoria funge da “allenamento” incrociato: la responsabilità legale affina lo sguardo, la responsabilità associativa mantiene la spinta al cambiamento. È un modello integrato per chi vuole costruire, non solo partecipare, perché il punto non è “diventare qualcuno”, ma “fare accadere qualcosa”. L’associazione può essere piattaforma per giovani, la professione può essere leva per cambiamento reale. E la visione si estende: non solo “donne in diritto” o “giovani in politica”, ma ragazze e ragazzi in professioni tecniche, spazi che non sono ancora stati occupati pienamente.

(Nella foto di copertina Carolina Sardelli)

Associazione giovanile Politics Hub – evento organizzato presso Auditorium San Fedele di Milano

Rachele Grassini

Federica Sala: l’arte di osservare per creare

Curatrice indipendente & designer advisor. Direttrice Responsabile The Good Life Italia e Lamborghini Magazine

C’è una frase di Achille Castiglioni che Federica Sala cita spesso: Non si può fare design senza essere curiosi.” È quasi un manifesto del suo approccio al lavoro, ma anche della sua visione del mondo. Per Federica, curatrice indipendente, designer advisor e direttrice di The Good Life Italia e Lamborghini Magazine, la curiosità non è solo un atteggiamento, è uno strumento di ricerca, un modo di abitare la realtà.

“La bellezza della vita è vedere come i percorsi non siano mai lineari”, racconta ricordando il suo arrivo al Centre Pompidou di Parigi, dove ha lavorato cinque anni dopo una laurea in Lettere Moderne con una tesi sul teatro francese. Lì, immersa tra architettura, arte e design, ha sviluppato uno sguardo trasversale, capace di leggere la società attraverso gli oggetti e le persone che la abitano. “Il designer deve saper intercettare i cambiamenti e tradurli in risposte concrete. Per farlo deve osservare individui e gruppi, capirli e, se possibile, anticiparli.”

Parlando con lei si avverte una piacevole tensione all’osservazione, non superficiale, ma empatica e analitica, che poi è anche il filo rosso che attraversa tutta la sua carriera. Federica, infatti, è convinta che per progettare sia necessario smontare e analizzare, capire come le cose funzionano e, allo stesso tempo, come le persone pensano e vivono. È una forma di esplorazione continua che unisce il metodo del designer alla sensibilità del narratore.

Nel suo lavoro di curatrice, ha collaborato con aziende e istituzioni internazionali, da Cassina a Venini, da Dolce & Gabbana a Buccellati, ma la cifra distintiva resta quella di una mente aperta, pronta a contaminarsi. E lo dimostrano anche i progetti più recenti, come Gen D. – Generation Designer per Dolce & Gabbana, dedicato ai giovani designer internazionali. “Il curatore non deve farsi intrappolare dal proprio gusto. Ogni progetto ha i suoi criteri e il compito è capire il valore del lavoro al di là delle preferenze personali.”

La multidisciplinarietà non è una moda, ma una necessità. Oggi i confini tra le discipline si sfumano e, come spiega Federica, il valore sta nel saper navigare tra linguaggi diversi, mantenendo uno sguardo elastico. È una visione che vale tanto nel design quanto nell’editoria, dove dirige una redazione prevalentemente femminile. “Nel nostro settore le direttrici sono molte, ma questo non significa che la parità sia raggiunta. Le donne continuano a fare più fatica, a dover giustificare la propria vita privata rispetto a quella lavorativa.”

Il suo discorso si allarga poi a una riflessione più ampia sulla società e sull’educazione. “Mi preoccupa vedere tanti giovani educati con un fine puramente economico: studiare o lavorare solo per guadagnare. Ma il sogno non può essere quello.” Il sogno, suggerisce, è la libertà di poter osservare e sperimentare, di viaggiare, di sbagliare. “Servirebbe più spazio per la ricerca, anche per fallire. È importante vedere film brutti, leggere libri brutti, fare errori. Dal brutto nasce sempre qualcosa: se non altro, la consapevolezza di cosa evitare.”

La curiosità, dunque, come forma di libertà, ma anche come atto di fiducia verso l’altro. “Uno degli aspetti più belli del mio lavoro è il confronto con culture diverse. Mi è capitato spesso di creare relazioni professionali che si sono trasformate in vere e proprie ‘sorellanze’.” Donne che si sostengono, si confrontano e crescono insieme: una rete che alimenta la creatività e rafforza la capacità di guardare il mondo con occhi nuovi.

Quando le chiedo un suggerimento per le giovani donne che vogliono intraprendere carriere nel design o nella manifattura, Federica coglie subito un punto interessante, prova ancora una volta della sua eccezionale capacità di analisi come conseguenza della sua propensione all’osservazione e all’approfondimento: “Non farsi ostacolare. Capita di essere scelte come “quota”, ma l’importante è sapere di avere le competenze per stare dove si è. La vera emancipazione nasce dal saper fare, qualunque sia la forma del proprio sapere.”

Federica Sala. Ph. credit Lorenzo Pennati

Federica Sala, Ph credit Claudia Zalla

Federica Sala. Ph. credit Jessica Soffiati